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CON UN POCO DI ZUCCHERO

Con un poco di zucchero

Con un poco di zucchero e la pillola va giu!

Con questa canzone Mary Poppins ha fatto la gioia di grandi e piccini, portando una allegria a cui a volte siamo poco avvezzi nella nostra vita.

Pensiamo ad esempio a quando ci alziamo la mattina ed il nostro corpo fatica a connettersi con la nostra mente. Ci ritroviamo, non si sa come, sul tavolo della cucina a fare colazione e solo dopo un po’ di tempo riprendiamo le nostre normali funzioni vitali.

Dopo un buon caffè, magari zuccherato, la giornata può illuminarsi all’improvviso e mandare giù la pillola dell’amarezza che avevamo in corpo.

Quali considerazioni allora possiamo fare a proposito?

DISTRARSI

Anzitutto che quando ci concediamo una coccola, un momento di “con un poco di zucchero” le cose poi possono apparire in modo diverso da come lo erano prima. La cosa importante è quella di gustarsela tutta quella coccola, prendendo il distacco da tutto e pensando solo a noi e quel momento. Si tratta infatti di abituarsi, se non lo siamo già, a vivere anche i momenti presenti. Normalmente la nostra mente viaggia continuamente e così ci ritroviamo a fare cose, tipo mangiare, senza neanche accorgercene. Mentre pranziamo, ad esempio, può capitare di continuare a pensare a quello che dovremmo fare poi.

PERCHE’ LO STO FACENDO?

L’altra considerazione su cui val la pena fare una piccola riflessione è: TUTTO QUELLO CHE STO FACENDO, PER CHI LO FACCIO?

Focalizziamo un attimo questo aspetto.

Andare a lavorare per mantenermi, preparare il pranzo e pulire casa, fare attività ludico-sportive…, quale è il fine di tutto questo?

Alla fine dei conti si tratta di arrivare proprio lì, a coccolarci, perché:

  • Lavoriamo per avere il quantitativo di denaro che ci occorre per stare bene
  • Prepariamo il pranzo e puliamo casa per stare bene
  • Facciamo attività ludico sportive per stare bene
  • Qualsiasi cosa facciamo, l’ottica finale è quelle di stare bene, anche se facciamo una cosa che non ci piace

E cosa vuol dire stare bene se non riusciamo a vivere appieno, a gustarci i nostri momenti di “con un poco di zucchero”?

Il coaching, e in particolare l’autocoaching, possono fornire degli strumenti utili al raggiungimento di questo obiettivo. Direi il più grande obiettivo che potremmo mai prefiggerci!

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LO SPECCHIO DELL’ANIMA

LO SPECCHIO DELL'ANIMA

LA NOSTRA FACCIA

Con quale intensità riusciamo a guardarci negli occhi, che sono il nostro specchio dell’anima?

Siamo abituati a vederci allo specchio alla mattina per pettinarci, per truccarci, per farci la barba, per lavarci i denti.
Notiamo i nostri dettagli estetici, quelli più evidenti, quelli che gli altri vedono in noi ad una prima occhiata superficiale.
Alla fine curare una superficie limitata come quella del viso e dei capelli non è così difficile. Basta un po’ di fondo tinta, una rasata, un salto dal parrucchiere e possiamo rendere il nostro aspetto estetico più piacevole per noi e vederci allo specchio più belli. Le persone che incontreremo sicuramente apprezzeranno il nostro aspetto curato. Qualcuno potrebbe anche farci qualche complimento del tipo: “sembri più giovane” o “sei bellissima oggi”! Notare le parole “sembri” e “oggi”, che tendono a relativizzare ad una supposizione “sembri” o ad un arco temporale “oggi” la nostra bellezza. Questo tuttavia tenderà a farci stare bene, almeno “per oggi” che “sembriamo”.
Ma guardarci intensamente negli occhi davanti ad uno specchio è una cosa ben diversa e sicuramente non facile da farsi!

IL NOSTRO CORPO

Se proviamo a visionare il nostro aspetto davanti ad uno specchio per intero tutti nudi, già le cose possono essere un po’ più difficili. La superficie su cui trovare cose che non ci piacciono è maggiore e non sempre possiamo ricorrere ad interventi estetici per rendere più piacevole a noi e agli altri certe parti del nostro corpo. Si può comunque intervenire in qualche modo con degli abiti, con degli indumenti intimi al fine di “mascherare” anche qui, almeno in parte, i nostri difetti. Questo ci renderà più “appetibili” e forse ci sentiremo più interessanti per gli altri. Almeno fintantoché non ci togliamo i vestiti di dosso.
E poi?

LO SPECCHIO DELL’ANIMA

Quando siamo stati creati, la nostra anima, la nostra essenza, è stata chiusa dentro un involucro, il nostro corpo appunto.
Capiamo quindi che il punto centrale del benessere non può essere il nostro aspetto fisico.
Passiamo minuti, ore, giorni, anni a curare i nostri dettagli estetici e questa è una cosa buona, bella e sana. Tuttavia quanto tempo passiamo ad ascoltare ed a curare quello che c’è dentro il nostro corpo? La nostra anima?
E’ vero, è difficile guardarsi in volto ed “entrare” dentro i nostri occhi. E’ complicato penetrarci dentro e guardare oltre l’involucro. La paura di scoprire e vedere quelle cose che non ci piacciono è sempre in allerta ed è molto più intensa che scoprire un difetto fisico.
E’ molto più semplice nascondere un brufolo con del fondotinta piuttosto che sedare un nostro aspetto caratteriale.
Tuttavia le modalità operative non sono le stesse!

LA VERA BELLEZZA

Sì, perché il piccolo difetto visivo in faccia può anche essere nascosto all’occhio umano e semmai sparire poi da solo.
Invece una caratteristica personale che non accettiamo o una sensazione che non ci piace più la nascondiamo più tenderà ad uscire. Più la spingiamo in basso più come una molla tornerà in alto con forza.
Ecco che allora acquisire una consapevolezza su noi stessi, sull’ascolto della nostra parte interiore diventa fondamentale per intraprendere quella strada che tutti cerchiamo: Il benessere.
Accogliere e cullare quello che temiamo di noi, le nostre paure specialmente, è l’anticamera per riuscire a guardarci negli occhi. Avere la forza di penetrare nel nostro specchio dell’anima vuol dire iniziare a piacerci sempre ed in maniera incondizionata, lasciando al tempo che trovano gli “oggi” o i “sembri”.

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AUTOCOACHING

Autocoaching

PROTAGONISTI

L’autocoaching è un percorso chiaro e ben definito che aiuta a diventare protagonista della propria vita.

Durante un viaggio di lavoro ho conosciuto un ingegnere sudamericano, che era fuggito dal suo paese poiché perseguitato.  Minacciato e nonostante costretto a partire lasciando moglie e figli,  cercava di ricostruire la sua vita in un altro posto. La frase eccezionale che ho sentito uscire dalla sua bocca è stata proprio questa: Comunque sono qui e sto bene!

Quante volte ci preoccupiamo di quello che sarà domani nella nostra vita e ci facciamo prendere dagli eventi?

Riusciamo sempre a cogliere alcuni aspetti importanti che ci circondano?

Quante volte non riusciamo a dirci e a dire: Comunque sono qui e sto bene?

La metodologia dell’autocoaching ha come finalità proprio quella raggiungere una consapevolezza profonda e a trasudare da tutti i pori queste parole: Sono qui e sto bene.

IL PERCORSO

Il percorso è molto semplice ed in tempi molto ragionevoli ci aiuta a capirci e amarci.

L’autocoaching prende in esame quattro aspetti che vengono approfonditi e vissuti in maniera esperienziale. Questo consentirà poi il raggiungimento di obiettivi personali più o meno complessi in maniera autonoma.

Un primo aspetto riguarda il raggiungimento di una consapevolezza, quella che ci fa capire chi siamo ora con i nostri difetti e pregi. La consapevolezza ci porta ad accettare e ad accogliere tutto il nostro essere, le luci e quelle che vediamo come ombre. Il tutto senza giudizi e senza ansie.

Un altro step cerca di definire il futuro desiderato: quello che vorremmo realmente, il nostro sogno chiuso nel cassetto. Capire cosa vogliamo veramente e che direzione prendere ci aiuterà tra l’altro a vivere meglio le nostre problematiche quotidiane. Approfondire questo aspetto conduce ad uno stato di rilassatezza ricercato.

Gli altri due aspetti riguardano come affrontare le difficoltà che incontreremo verso il futuro desiderato ed il superamento di condizioni limitanti che ne impediscono il raggiungimento. Senza rendercene conto ci costruiamo già dei muri e delle barriere che preannunciamo i nostri fallimenti. Questi muri a volte non hanno nemmeno ragione di esistere.

L’ALLENAMENTO

I tempi per l’assimilazione della metodologia dell’autocoaching sono relativamente brevi, ma come per ogni attività occorre allenarsi.

Qualsiasi sportivo sa che se vuole raggiungere un certo stato di forma deve allenarsi in maniera costante, altrimenti otterrà un flop.

Così anche nell’autocoaching il 90% è nelle mani di chi vuole raggiugere il risultato, sarà lui con le sue scelte che deciderà se dedicarsi un po’ di tempo e affetto personale e riuscire a dirsi veramente: Sono qui e sto bene!

D’altronde la parola stessa “Autocoaching” significa proprio: Auto allenamento!

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LA FLESSIBILITA’ NELLE AVVERSITA’

Flessibilità

RIGIDO O FLESSIBILE

Flessibilità e rigidità sono due atteggiamenti che scegliamo di avere di fronte alle avversità.

Cosa fa una canna sbattuta dal vento?

Oscilla costantemente senza opporsi alla pressione di un evento più forte di lei. La canna accompagna il vento per alcuni tratti e poi lo lascia andare. La sua flessibilità, questo piegarsi ad un evento troppo pesante per essere gestito solo con la propria forza, le consente di adattarsi agli eventi.

Cosa fa un ramo, o un arbusto sepolto sotto un metro di neve?

Dipende…

Se si pone di forza contro una cosa più forte di lui, mostrando la sua rigidità, molto probabilmente soccomberà e si spezzerà. Se invece quel legno è dotato di flessibilità avrà molte più possibilità di rimanere in vita, e riprendere la sua forma originale o una simile nel momento in cui la neve si scioglierà.

Possiamo trasporre questo atteggiamento della natura di fronte ad eventi imprevisti e poco piacevoli, alla nostra vita di tutti i giorni. Troveremo sicuramente una equivalenza tra le due cose.

NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

Come gli arbusti, i rami o una semplice canna, anche noi ci troviamo di fronte a situazioni che sono più forti di noi. In questi momenti la prima cosa istintiva che facciamo è quella di affrontare a muso duro questi eventi o persone poco piacevoli per contrastarle. Non sappiamo tuttavia se quello che abbiamo davanti è obiettivamente più o meno forte di noi.

Nel caso in cui siamo nettamente più forti noi e mettiamo ko il nostro evento negativo le cose vanno bene ed aumenteremo anche la nostra percezione di essere persone efficaci e valide.

Ma cosa accade se il “vento” che ci soffia in maniera contraria è forte come noi o addirittura di più? Dopo un primo approccio anche speranzoso di farcela, dobbiamo alzare bandiera bianca e soccombere.

Pensiamo alle tragedie che ci possono capitare: un lutto, la fine di un amore, una malattia, la perdita del posto di lavoro… In questi casi opporsi non ci aiuterà ad uscirne indenne, ma ci succhierà energie e ci sentiremo poi ancora più deboli.

In queste situazioni, per quanto la nostra forza fisica sia altissima, dobbiamo fare i conti anche con la nostra parte emotiva, la quale ad un certo punto potrebbe rischiare di crollare poiché schiacciata dagli eventi.

LA FLESSIBILITA’

La flessibilità, che non significa assolutamente farsi prevaricare od accettare in maniera passiva, è un modo di riconoscere la forza contraria che ci sta sbattendo contro. Mi torna in mente a questo proposito una frase di un celebre film di Roberto Benigni “Ricorda che il cameriere serve tutti, ma non è servo di nessuno”.

In un combattimento l’avversario va sempre rispettato e va riconosciuta la sua potenza, questo a prescindere. Così anche negli avvenimenti negativi che ci accadono è importante rendersi conto e riconoscere quanto sia impattante la persona o l’evento con cui ci stiamo confrontando.

Mostrarsi flessibili, non irrigidendosi e contrastando, vuol dire impegnare meno energie, ammettere di essere vulnerabili. L’obiettivo finale è quello di incassare il colpo per riuscire a sferrarne poi uno più forte, come fa una molla quando viene compressa. Infatti mentre siamo lì piegati, sofferenti e doloranti, come un arbusto o un ramo sotto la neve, accumuliamo energie mentre l’avversario in qualche modo le sta consumando ed appena cala l’intensità della prova ci rialzeremo più in alto di prima.

Questo vale anche e soprattutto per le situazioni emotive negative che viviamo, in questo caso il nostro nemico è quella parte di noi che ci dice che non ce la faremo mai ad uscirne fuori. Lasciamola parlare, prendiamo tempo ed attendiamo gli eventi!

Tuttavia se al posto di essere flessibili ci irrigidiamo eccessivamente, rischiamo di spezzarci ed a quel punto non sarà più possibile rialzarci.

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STRATEGIA DI SUCCESSO

CONTO SU DI ME

Nella scelta di obiettivi e strategie da seguire c’è un importante fattore che può portarci al successo, e questo fattore si chiama: Conto su di me.

Ma, cosa vuol dire Conto su di me?

Perché è un fattore decisivo nel raggiungimento di un successo?

Il SUCCESSO

Anzitutto definiamo la parola successo. Il successo  è molto semplicemente la buona riuscita di qualcosa, un esito favorevole di una nostra semplice intenzione. Per avere successo, per essere una persona di successo, non occorre pertanto fare qualcosa di eclatante o primeggiare su qualcun altro. Per avere successo basta semplicemente raggiungere il più semplice e ovvio dei nostri obiettivi, dei nostri programmi di vita. Ogni successo collaborerà a rafforzare la nostra autostima.

CONTARE SUGLI ALTRI

Detto ciò analizziamo ora come si combina il successo con il Conto su di me. Quando programmiamo di raggiungere un risultato, specialmente quelli che riguardano la vita privata, possiamo scegliere di includere in questo programma anche altre persone.

Esempio: La Sig.ra Clara ha deciso di andare in palestra poiché vuole tonificarsi un po’, avere meno fiatone quando fa le scale per salire al suo appartamento al secondo piano e perdere quei 2 chili che ha messo su lo scorso inverno. Questo è un obiettivo concreto, misurabile ed abbastanza stimolante, pertanto la Sig.ra Clara potrebbe avere già la motivazione giusta per raggiungere il suo successo. Un giorno parlando con l’inquilina del piano primo, scopre che anche lei vuole andare in palestra, per ragioni simili a quelle di Clara.

Perché allora non programmare di andare insieme in palestra? Clara e la sua vicina definiscono la palestra, gli orari ed i corsi da seguire. Iniziano quindi una avventura comune per raggiungere il loro successo e per farlo entrambe contano sulla presenza e la stimolazione dell’altra persona. Tutto bene fino a che dopo due settimana la vicina di casa si rompe un braccio e dovrà stare a riposo per un mese quindi niente palestra.

E Clara che Fa?

CONTO SU DI ME

Clara ha due strade o rinunciare poiché demotivata dalla non presenza della sua vicina oppure continuare.

Quale sarà la sua decisione?

Dipende…

Dipende da come Clara aveva impostato il raggiungimento del suo successo. Se la decisione di andare in palestra era legata principalmente alla presenza di qualcun altro ecco che in questo caso sarà forte la propensione ad abbandonare tutto.

Se la decisione era invece fondata sul Conto su di me, ossia contare sulle proprie forze e semmai cercare un ulteriore incoraggiamento da un terzo (in questo caso la vicina di casa) allora Clara potrebbe continuare nel suo obiettivo e raggiungere il successo.

STRATEGIA DEL SUCCESSO

Una delle ragioni del proprio successo sta proprio qui, nel definire un obiettivo e renderlo raggiungibile puntando al Conto su di me, facendo affidamento su quelle che sono le nostre individualità e capacità.

Poi all’interno del programma per raggiungere il traguardo ci possono stare gli aiuti esterni, definire anche persone che ci possano aiutare nella nostra “impresa”. Tuttavia le altre persone, sia che siano semplici amici o conoscenti, sia che siano persone più a stretto contatto con noi (parenti o amici fidati), hanno già il loro da fare con la loro vita e probabilmente il nostro obiettivo non rientra tra le loro priorità. Questo vuol dire che potrebbero essere fautori del nostro successo, collaborare, essere delle presenze positive, ma se per imprevisti o altre priorità loro non riescono ad essere presenti come pensavamo, cosa succede?

Se non abbiamo applicato il Conto su di me, si apre una strada certa verso il nostro insuccesso!

 

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PERDERE L’IDENTITA’

Perdere l'identità

IL PASSAPORTO

Com’è perdere l’identità? Come si sentirebbe una persona che espatria in un Paese se perdesse la sua carta d’identità o il passaporto?

Per non andare troppo lontano pensiamo a tutte le persone che si trovano nel nostro Paese e che non sono italiane. Magari sono qui per lavoro, hanno un permesso di soggiorno… un giorno perdono il loro passaporto, la loro identità. Come si potrebbero sentire? Andare in commissariato, in ambasciata a richiedere i nuovi documenti, sentirsi senza identità; non poter tornare alle proprie origini

UN PARADOSSO

Perdere il passaporto è come perdere l’identità, quella identità che probabilmente sottovalutiamo quando siamo sicuri di averla!  Che paradosso!

Questo paradosso, ce lo portiamo in tasca tutti i giorni, quando non ci soffermiamo mai a renderci conto che abbiamo una identità nostra, tra l’altro unica e irripetibile. E il rischio qual è?

Il rischio poi è che inconsapevolmente diamo risposte, facciamo scelte che vanno contro quello che siamo, contro quella che è la nostra vera identità.

Riflettiamoci un attimo: quante volte ci è capitato di dare una risposta affrettata a qualcuno e poi ce ne siamo pentiti?

Quante volte abbiamo detto un sì, ma volevamo dire un no? …e viceversa

Focalizzate ora l’ultima volta che vi è capitata una situazione del genere: vi siete resi conto di quello che stava succedendo? Vi siete resi conto che andavate contro la vostra vera identità?

IDENTITA’ E VOLONTA’

Qui non si tratta di essere dei bastian contrari, di andare sempre contro tutto e tutti perché la nostra “identità” va contro quello che ci chiedono. Identità e Volontà infatti non sono la stessa cosa.

La prima identifica il nostro essere, è il nostro passaporto, dove ci sono scritte le nostre caratteristiche uniche e irripetibili, quello che siamo: essere speciali.

La volontà invece è fatta di decisioni e scelte, voler fare o non fare qualcosa.

All’interno della società, in mezzo ad altre persone siamo continuamente chiamate a fare queste scelte, a fare anche delle rinunce. Questo non vuol dire perdere tuttavia la propria identità, non essere se stessi; significa invece valutare, considerare sia il nostro essere sia le altre persone. L’identità ci appartiene comunque anche se apparentemente facciamo qualcosa che va contro di essa, l’importante è ricordarsi di averla.

Decidere di fare o non fare qualcosa, dipende anche dalla nostra volontà di rimanere in relazione con gli altri: dire un no consapevoli al posto di un si che ci avrebbe identificato, non vuol dire perdere la propria identità, ma valorizzarla perché abbiamo ben chiaro cosa vogliamo; ed in questo caso abbiamo deciso di volere una relazione!

Dire un no inconsapevole è invece non prendere in considerazione la propria identità, farsi condizionare dalle situazioni e dalle persone senza sapere realmente cosa vorremmo.

Questo sarebbe perdere il passaporto, questo sarebbe perdere l’identità.

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IL COACH DEI COACH

Molte volte ci guardiamo intorno alla ricerca di qualcosa o qualcuno che possa aiutarci a risolvere una situazione o un problema. Spaesati cerchiamo di agganciarci alla corrente di persone che in quel momento stanno seguendo un moda o un filone. Nel corso degli ultimi anni si è sempre più sviluppata una maniera di vivere ed affrontare la vita che punta all’ottimismo, alla speranza, al ce la posso fare anche io. E’ un bel modo di vedere la vita in maniera più luminosa, senza farsi affossare dalle fatiche quotidiane, ma cercando di reagire in maniera propositiva ed energica. Per far questo a volte occorre affidarsi ad un esperto che conosca bene il metodo e l’approccio giusto: ed è per questo che tra gli altri stanno diffondendosi tanti mental coach.

MA CHI SONO QUESTI MENTAL COACH?
Sono persone che hanno deciso di intraprendere prima un percorso di crescita personale, e poi hanno deciso di mettere a frutto le loro conoscenze ed esperienze per altre persone; si tratta comunque di persone che si sono formate ed hanno delle capacità emotive e di ascolto particolarmente sviluppate.

QUANDO E NATO IL COACHING
La scoperta di questo approccio, tuttavia ha origini molto antiche anche se solo oggi lo si sta riscoprendo come un valido metodo per raggiungere una maggiore consapevolezza di se stessi e muovere all’azione.
Più di 2000 anni fa ad esempio nel IV secolo A.C. Socrate dava vita ad un approccio di ascolto e motivazione a reagire interagendo con le persone che incontrava durante le sue giornate.

CHI E’ IL COACH PIU’ FAMOSO
Tuttavia il più grande coach di tutti i tempi nacque proprio 2000 anni fa, in una umida grotta (o capanna) in mezzo al nulla, a fargli compagnia un bue ed un asinello.
Sto parlando di Gesù, che mentre vagava per i poveri villaggi della Galilea, insieme ai suoi discepoli, ascoltava i problemi della gente, li incoraggiava a superare le loro difficoltà, aveva parole motivazionali per tutti, dando forze e coraggio per affrontare un cambiamento. Sapeva esattamente cosa voleva e dove andare, e come smuovere la folla! Con il suo esempio milioni di persone hanno trovato la forza di superare le loro difficoltà e la troveranno in futuro. Le sue parole hanno riempito di ottimismo e speranza tutto il mondo. Oltre a leggere dunque i migliaia di articoli ed ascoltare i video motivazionali che si trovano in rete, sarebbe bene ogni tanto riaprire le pagine, magari ingiallite e impolverate, ma sempre vive, di quel libro che ancora oggi dopo duemila anni urla quelle parole che hanno fatto crescere e smosso all’azione miriadi di persone.

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