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METTERE A FUOCO

Mettere a fuoco

 

Abbiamo una forte necessità di mettere a fuoco, non un giorno ogni tanto, ma più spesso di quanto crediamo.

Mettere a fuoco, in questo caso, ha il significato di fare il punto della situazione, fermarsi e prendersi in considerazione!

CIO’ CHE CI CIRCONDA

La natura ci insegna per prima, con i suoi ritmi stagionali, che ci sono dei momenti particolari nell’arco dell’anno privilegiati, in cui qualcosa cambia anche se di poco. Pensiamo ad esempio ai giorni relativi agli equinozi ed  ai solstizi i giorni in cui cambiano le stagioni.

Anche le religioni hanno dei momenti privilegiati nel corso dell’anno, in cui la persona può vivere in maniera particolare e focalizzarsi su se stessa. Pensiamo ad esempio alla Pasqua, alla Pentecoste, al Natale, ai giorni di quaresima, a quelli di avvento: sono tutti giorni dedicati ad una ricerca di se stessi e del proprio rapporto con Dio. Lo stesso vale ad esempio per il Ramadam dei mussulmani, e per tutte le festività ebraiche. Gli stessi pagani avevano dei giorni predefiniti nel corso degli anni, per fermarsi, festeggiare e riflettere. Tutte le grandi religioni moderne poi si dedicano un giorno alla settimana per ricentrarsi: il venerdi per i mussulmani, il sabato per gli ebrei, la domenica per i cristiani.

Ognuna ha un suo motivo, ricordare, focalizzare, prendere coscienza, arricchire il proprio rapporto con Dio.

METTERE A FUOCO

Mettere a fuoco, come si fa con il binocolo quando si vuole visualizzare un obiettivo lontano. Mettere a fuoco come fanno le lenti di una macchina fotografica quando vuole immortalare una immagine ben definita. Mettere a fuoco come quando decidiamo di indossare un paio di occhiali perché non focalizziamo bene i dettagli che ci circondano, perché quelli vicini o quelli lontani non ci sono chiari ed appaiono sfuocati.

Per farlo, prendendo spunto dunque dagli insegnamenti della natura o dalle tradizioni degli uomini, religiose e non, è necessario fermarsi e focalizzarsi sul proprio IO.

RELAX E FOCUS

Non basta dire domani è domenica e mi riposo steso sul divano, se poi il lunedì mattina sono più stanco del venerdì precedente. Non basta passare un giorno di relax dedicandoci alla cura dell’appetito e poi il giorno dopo sentirsi triste ed annoiato dalla nostra vita.

Pensate ad esempio se il giorno del proprio compleanno si pensasse solo a festeggiare con gli amici ed i parenti, cosa ci rimarrebbe di quella occasione? Cosa ci avrebbe lasciato l’ennesima ricorrenza del nostro Natale personale?

Fermarsi a riflettere, non tanto sul fatto che siamo un anno più vecchi, ma su quello che siamo oggi. Mettere a fuoco la nostra vita, definire le immagini di quello che ci circonda. Focalizzare le proprie emozioni, significa dare un tono colorato ai nostri giorni, altrimenti rischiamo di vedere solo i toni di grigio.

FOCALIZZARE I COLORI

E così, come il giorno del nostro compleanno, anche tutti gli altri 364 giorni dell’anno: perché ogni giorno accade qualcosa di speciale. Possono essere cose poco piacevoli o molto piacevoli, potranno essere dei colori più scuri o più chiari, ma ogni giorno ci sono pennellate di colore nella nostra vita. Così si realizza ogni giorno il nostro quadro, che certo guardato nella tv in bianco e nero ha solo toni di grigio, ma guardato in una TV a colori in HD assume tutto un altro significato.

Ma per vedere tutti quei colori è necessario mettere a fuoco!

LGB Fitness (Life’s Getting Better)

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STRATEGIA DI SUCCESSO

CONTO SU DI ME

Nella scelta di obiettivi e strategie da seguire c’è un importante fattore che può portarci al successo, e questo fattore si chiama: Conto su di me.

Ma, cosa vuol dire Conto su di me?

Perché è un fattore decisivo nel raggiungimento di un successo?

Il SUCCESSO

Anzitutto definiamo la parola successo. Il successo  è molto semplicemente la buona riuscita di qualcosa, un esito favorevole di una nostra semplice intenzione. Per avere successo, per essere una persona di successo, non occorre pertanto fare qualcosa di eclatante o primeggiare su qualcun altro. Per avere successo basta semplicemente raggiungere il più semplice e ovvio dei nostri obiettivi, dei nostri programmi di vita. Ogni successo collaborerà a rafforzare la nostra autostima.

CONTARE SUGLI ALTRI

Detto ciò analizziamo ora come si combina il successo con il Conto su di me. Quando programmiamo di raggiungere un risultato, specialmente quelli che riguardano la vita privata, possiamo scegliere di includere in questo programma anche altre persone.

Esempio: La Sig.ra Clara ha deciso di andare in palestra poiché vuole tonificarsi un po’, avere meno fiatone quando fa le scale per salire al suo appartamento al secondo piano e perdere quei 2 chili che ha messo su lo scorso inverno. Questo è un obiettivo concreto, misurabile ed abbastanza stimolante, pertanto la Sig.ra Clara potrebbe avere già la motivazione giusta per raggiungere il suo successo. Un giorno parlando con l’inquilina del piano primo, scopre che anche lei vuole andare in palestra, per ragioni simili a quelle di Clara.

Perché allora non programmare di andare insieme in palestra? Clara e la sua vicina definiscono la palestra, gli orari ed i corsi da seguire. Iniziano quindi una avventura comune per raggiungere il loro successo e per farlo entrambe contano sulla presenza e la stimolazione dell’altra persona. Tutto bene fino a che dopo due settimana la vicina di casa si rompe un braccio e dovrà stare a riposo per un mese quindi niente palestra.

E Clara che Fa?

CONTO SU DI ME

Clara ha due strade o rinunciare poiché demotivata dalla non presenza della sua vicina oppure continuare.

Quale sarà la sua decisione?

Dipende…

Dipende da come Clara aveva impostato il raggiungimento del suo successo. Se la decisione di andare in palestra era legata principalmente alla presenza di qualcun altro ecco che in questo caso sarà forte la propensione ad abbandonare tutto.

Se la decisione era invece fondata sul Conto su di me, ossia contare sulle proprie forze e semmai cercare un ulteriore incoraggiamento da un terzo (in questo caso la vicina di casa) allora Clara potrebbe continuare nel suo obiettivo e raggiungere il successo.

STRATEGIA DEL SUCCESSO

Una delle ragioni del proprio successo sta proprio qui, nel definire un obiettivo e renderlo raggiungibile puntando al Conto su di me, facendo affidamento su quelle che sono le nostre individualità e capacità.

Poi all’interno del programma per raggiungere il traguardo ci possono stare gli aiuti esterni, definire anche persone che ci possano aiutare nella nostra “impresa”. Tuttavia le altre persone, sia che siano semplici amici o conoscenti, sia che siano persone più a stretto contatto con noi (parenti o amici fidati), hanno già il loro da fare con la loro vita e probabilmente il nostro obiettivo non rientra tra le loro priorità. Questo vuol dire che potrebbero essere fautori del nostro successo, collaborare, essere delle presenze positive, ma se per imprevisti o altre priorità loro non riescono ad essere presenti come pensavamo, cosa succede?

Se non abbiamo applicato il Conto su di me, si apre una strada certa verso il nostro insuccesso!

 

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PULITI DENTRO E BELLI FUORI

PULITI DENTRO E BELLI FUORI

PARTIRE DA DENTRO

Una nota marca d’acqua ha fatto dello slogan “Puliti dentro e belli fuori” una punta di diamante della sua campagna pubblicitaria, andando a colpire le persone laddove hanno una maggiore carenza, la pulizia ed il benessere fisico interiore ed esteriore.

Puliti dentro e belli fuori è anche messo nel giusto ordine: per essere belli fuori, per apparire splendenti e belli è necessario partire da dentro. Ma a parte l’acqua, che può purificarci fisicamente entrando dentro di noi, cosa possiamo fare per pulirci internamente in senso più profondo?

A quale sorgente possiamo attingere?

 

PURIFICARE

La prima cosa per essere puliti dentro e belli fuori è quella di conoscersi, di essere consapevoli di chi siamo. Attenzione la ricerca, la consapevolezza va fatto su quello che siamo realmente, non su quello che pensiamo di noi o gli altri pensano di noi. Dovremmo arrivare a capire la nostra identità, quello che ci caratterizza.

Se dobbiamo pulire una stanza, renderla splendente dobbiamo capire con che tipo di sporco dovremo confrontarci: polvere, macchie di olio, aloni sui vetri… Solo allora potremo scegliere che tipo di prodotti ed attrezzature utilizzare per rendere la stanza bella, profumata e anche luminosa. Eventualmente potremmo anche prendere in considerazione ed accettare che un tappeto rovinato non tornerà nuovo.

Così anche noi dentro abbiamo bisogno di prendere coscienza di cosa riteniamo ci sia di non pulito dentro di noi, cosa non ci piace, cosa potrebbe renderci più belli. Esserne consapevole ci porterà prima di tutto ad accettare quelle macchie, magari anche indelebili che crediamo di avere dentro. Una volta accettate, o parzialmente pulite faranno parte della nostra bellezza esterna perché alla fine anche quello siamo: un neo sul viso può renderci più belli, dipende da noi.

 

LA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza di chi siamo, è un processo, che se già non raggiunto, richiede un percorso di crescita personale. Occorre imparare prima di tutto ad ascoltarsi, a capire i propri stati d’animo, le proprie emozioni. Questo consentirà di arrivare poi a definire le proprie necessità, i propri obiettivi e raggiungere delle performance che prima nemmeno sognavamo. Se riusciremo ad ascoltarci realmente saremmo anche più predisposti all’ascolto delle altre persone.

E se una persona è consapevole di tutto ciò, è pulita dentro e bella fuori!

I suoi occhi saranno belli e luminosi da vedere, tutte le sue caratteristiche esterne saranno più splendenti. I suoi nei ne esalteranno la bellezza e quando si guarderà allo specchio si piacerà, perché si sentirà pulita dentro, anche con qualche macchia.

Che poi cosa è una macchia se non una sfumatura, un colore diverso dall’ambiente in cui è collocata?

Pensate ai tappeti realizzati a mano che presentano il fenomeno dell’Abrash, una variazione nella tinta: sono la garanzia sulla realizzazione artigianale dell’esemplare!

 

IL CONTAGIO

Le persone che avranno la fortuna di incrociare gli occhi di una persona pulita dentro verranno sicuramente toccate da quella luce, da quella bellezza profonda e penseranno qualcosa tipo: “Che bella persona, dentro e fuori!”

E questa luminosità, questa bellezza esterna potrà pure essere contagiosa, come un cerino che può accenderne altri 10 e questi 10 altri 10 ancora…

Ecco com’è una bella persona dentro e fuori!

 

 

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PERDERE L’IDENTITA’

Perdere l'identità

IL PASSAPORTO

Com’è perdere l’identità? Come si sentirebbe una persona che espatria in un Paese se perdesse la sua carta d’identità o il passaporto?

Per non andare troppo lontano pensiamo a tutte le persone che si trovano nel nostro Paese e che non sono italiane. Magari sono qui per lavoro, hanno un permesso di soggiorno… un giorno perdono il loro passaporto, la loro identità. Come si potrebbero sentire? Andare in commissariato, in ambasciata a richiedere i nuovi documenti, sentirsi senza identità; non poter tornare alle proprie origini

UN PARADOSSO

Perdere il passaporto è come perdere l’identità, quella identità che probabilmente sottovalutiamo quando siamo sicuri di averla!  Che paradosso!

Questo paradosso, ce lo portiamo in tasca tutti i giorni, quando non ci soffermiamo mai a renderci conto che abbiamo una identità nostra, tra l’altro unica e irripetibile. E il rischio qual è?

Il rischio poi è che inconsapevolmente diamo risposte, facciamo scelte che vanno contro quello che siamo, contro quella che è la nostra vera identità.

Riflettiamoci un attimo: quante volte ci è capitato di dare una risposta affrettata a qualcuno e poi ce ne siamo pentiti?

Quante volte abbiamo detto un sì, ma volevamo dire un no? …e viceversa

Focalizzate ora l’ultima volta che vi è capitata una situazione del genere: vi siete resi conto di quello che stava succedendo? Vi siete resi conto che andavate contro la vostra vera identità?

IDENTITA’ E VOLONTA’

Qui non si tratta di essere dei bastian contrari, di andare sempre contro tutto e tutti perché la nostra “identità” va contro quello che ci chiedono. Identità e Volontà infatti non sono la stessa cosa.

La prima identifica il nostro essere, è il nostro passaporto, dove ci sono scritte le nostre caratteristiche uniche e irripetibili, quello che siamo: essere speciali.

La volontà invece è fatta di decisioni e scelte, voler fare o non fare qualcosa.

All’interno della società, in mezzo ad altre persone siamo continuamente chiamate a fare queste scelte, a fare anche delle rinunce. Questo non vuol dire perdere tuttavia la propria identità, non essere se stessi; significa invece valutare, considerare sia il nostro essere sia le altre persone. L’identità ci appartiene comunque anche se apparentemente facciamo qualcosa che va contro di essa, l’importante è ricordarsi di averla.

Decidere di fare o non fare qualcosa, dipende anche dalla nostra volontà di rimanere in relazione con gli altri: dire un no consapevoli al posto di un si che ci avrebbe identificato, non vuol dire perdere la propria identità, ma valorizzarla perché abbiamo ben chiaro cosa vogliamo; ed in questo caso abbiamo deciso di volere una relazione!

Dire un no inconsapevole è invece non prendere in considerazione la propria identità, farsi condizionare dalle situazioni e dalle persone senza sapere realmente cosa vorremmo.

Questo sarebbe perdere il passaporto, questo sarebbe perdere l’identità.

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CERCHIAMO SOLUZIONI O PROBLEMI?

Cerchiamo soluzioni o problemi?

SOLUZIONI O PROBLEMI?

Siamo continuamente alla ricerca di soluzioni ai problemi, cerchiamo il benessere, vogliamo stare bene, essere felici. Puntiamo ogni giorno a questo faro, a questa luce. Ecco che allora andiamo in palestra, facciamo escursioni, partecipiamo ad eventi che vadano in quella direzione, leggiamo libri in merito, ascoltiamo e guardiamo video e canzoni che ci portino buonumore…

Tuttavia viviamo in un grosso paradosso: l’uomo laddove non ha problemi se li crea; tendenzialmente è un cercatore di problemi.

FOCALIZZARE IL PROBLEMA

Pensiamo un attimo alla nostra situazione a quella che viviamo tutti i giorni. Ci capita una tegola in testa, un problema rognoso e ci preoccupiamo in merito, come è umano che sia. In qualche modo piano piano, o velocemente, la questione preoccupante si dipana e ci sentiamo più leggeri; quando le questioni annose si risolvono ci sembra poi che il mondo ci sorrida. Entriamo in quella sorta di benessere di cui dicevamo prima, quella che cerchiamo continuamente. Eppure, non fa in tempo a tramontare il sole sul problema risolto ed ecco che arriva un’altra situazione che ridesta la nostra preoccupazione. L’affermazione che ci viene subito in mente è: Capitano tutte a me! … O altre similari …

Ora prova a pensare a quando ti è capitato l’ultima volta questa situazione. Metti il focus sulle questioni che ti hanno preoccupato.

Era vitale preoccuparsi?

Quali delle tue preoccupazioni erano degne di chiamarsi così?

 

LA SIGNORA GIOVANNA

“La Signora Giovanna, si alza tutte le mattine alle 6,00. La sua prima preoccupazione è quella di dover stendere i panni, quindi di corsa scende in garage svuota la lavatrice apre lo stendino e procede. Mentre appende le magliette bagnate pensa a quello che dovrà dire nella riunione che avrà al lavoro alle 9.00, preoccupata che dovrà scontrarsi con le sue colleghe in merito ad alcuni progetti. Ad un certo punto un altro colpo di preoccupazione: “Cavoli sono le 6,45 devo svegliare i ragazzi, alle 7,30 passa lo scuolabus!” Via, di corsa a dare la sveglia, a preparare le colazioni e le merende. Arriva Marco, il figlio più grande di 10 anni: “Mamma, ti sei dimenticata di comprare il quaderno nuovo a scacchi che ti ho chiesto. Come faccio stamattina?” Altro piccolo colpo al cuore, altro problema….

Potremmo continuare con la storia di tutta la giornata della Signora Giovanna, ma alla fine il focus del problema e che le potenziali preoccupazioni sono sempre in agguato.

Non solo! L’essere umano laddove non ha problemi se li crea.

Di tutte le vicissitudini capitate dalle 6 alle 7 a Giovanna, quali sono i veri problemi?

Quanti sono stati creati dalla mente?

Ognuno di noi ha una sua scala di valutazione in merito, prova a focalizzare la tua!

CERCATORI DI PROBLEMI

La cosa su cui riflettere tuttavia è: se alzandosi alla mattina Giovanna avesse avuto il pensiero fisso di un problema grave, magari legato alla sua salute, credi che l’intensità delle preoccupazioni provate nel breve racconto sarebbe stata la stessa?

O tutto si sarebbe ridimensionato?

Può essere allora che la cosa a cui teniamo più è quella di avere sempre dei problemi in testa?

Può essere che se non li abbiamo li creiamo?

Cerchiamo soluzioni o problemi?

Posted by admin in Autocoaching, Curare le relazioni

LA GESTIONE DELLA RABBIA

COME GESTIRE LA RABBIA QUANDO VENIAMO AGGREDITI VERBALMENTE?

Ci sono giornate in cui le persone con cui ci relazioniamo sono più imprevedibili di altre; ci sono momenti in cui diciamo: “Non me l’aspettavo” E CI ARRABBIAMO. Si, perché ogni persona è unica e irripetibile e questo rende anche imprevedibile la sua reazione a seguito di una nostra azione o non azione.

ALCUNE SITUAZIONI TIPO

Capita allora che un giorno, mentre andiamo al lavoro all’improvviso ci chiama sul nostro telefono un collega infamandoci: non capiamo il perché E CI ARRABBIAMO

Succede che appena raggiunta la postazione di lavoro sempre su quel cellulare che ci portiamo dietro, come fa un canguro con i figli mettendoli nel marsupio, arrivi un messaggio su whatsapp. Il messaggio è di una persona cara che ci comunica di essere rimasta “dispiaciuta” di qualcosa che abbiamo detto o fatto: non capiamo il perché E CI ARRABBIAMO.

Capita anche che mentre ci siamo presi un’ora di svago incontriamo una persona per strada che conosciamo che non ci saluta: non capiamo il perché E CI ARRABBIAMO

E magari capitano tutte e tre le situazioni nello stesso giorno, roba da infarto, da esplodere DALLA RABBIA!

LE TRE REAZIONI

Dopo situazioni di questo tipo, la prima reazione è quella di mandare a fanculo tutti quanti, la seconda quella di dirsi non ne voglio sapere più di quella persona, e la terza?

La terza è quella più importante: scegliere di capire il motivo partendo dal presupposto che abbiamo una visione parziale del perché. Infatti non conosceremo mai a 360° tutte le situazioni che stanno vivendo gli altri, nemmeno se sono persone che ci sono molto vicine.

CAPIRE LE SITUAZIONI

Può ad esempio un uomo, per quanto si impegni, capire cosa succede a livello ormonale ad una donna durante il pre-ciclo mestruale?

Può una donna comprendere fino in fondo cosa accade a livello mentale ad un uomo che non si sente realizzato ad esempio sul lavoro?

E questi sono esempi banali, basati solo sulla diversità di sesso, ma che già ci fanno riflettere sulla differenza di visione e di aspettative che possono avere le persone.

Se poi incrociamo la situazione sociale, lavorativa, famigliare, economica e fisica di ogni persona le cose si complicano. Capiamo bene come sia complesso e come sia impossibile avere subito tutto chiaro appena veniamo “aggrediti”.

LA CRESCITA PERSONALE

Scegliere di capire il motivo di una azione o reazione fa parte di una crescita personale e aiuta la gestione della rabbia, una rabbia ancora più grande perché di primo acchito ci sentiamo accusati ingiustamente.

Indagare seriamente sul perché il collega mi ha infamato al telefono, può aiutarcm a vivere meglio la reazione e la conseguente incavolatura. Se ad esempio scopriamo che il collega ha appena avuto una lettera di richiamo dal datore di lavoro a causa di una segnalazione fatta da altri in cui compare il nostro nome e di cui siamo inconsapevoli cosa penseremmo? Magari capiamo un po’ meglio il perché, poi possiamo sempre decidere di non parlargli per due mesi, ma almeno lo facciamo come scelta e non come reazione istintiva e rabbiosa.

Quando ci arriva un messaggio su whatsapp pesante e accusatorio da parte di una persona a cui teniamo particolarmente potrebbe esserci il mondo dietro questo. Indagando potremmo scoprire ad esempio che quello che le abbiamo detto il giorno prima l’ha turbata molto. Le ha fatto pensare semmai a qualcosa che ha già vissuto e che l’ha fatta sentire male. Come si sentiremmo allora? Magari decidiamo che sta sbagliando comunque, ma almeno abbiamo cercato di capirla e perdonarla sarà più facile.

Se incontrando una persona che conosciamo non ci rivolge lo sguardo, prima di inalberarci su pensieri rabbiosi potremmo scoprire tante cose. Potrebbe ad esempio essera talmente assorta nei suoi pensieri che neanche ci ha visti: come vivremmo allora il non saluto?

L’incavolatura, lo sfogo di rabbia quando veniamo accusati “ingiustamente”, è una reazione naturale e spontanea e ci sta quasi sempre.

Quello che possiamo scegliere però è la sua durata: e capire il perché può essere determinante!

Perchè il tempo scorre…e quello che è stato non torna

Posted by admin in Autocoaching, Curare le relazioni

TORNARE ALLE ORIGINI

Tornare alle origini

Tornare alle origini

PERCHE’ TORNARE ALLE ORIGINI?

Vi siete mai chiesti perché si parla frequentemente di tornare alle origini?

Il concetto base per cui si parla di ritorno alle origini è quello di voler fare un passo indietro rispetto a quello che si ha ora, vedendo in ciò una semplificazione della vita affiancata ad una nostalgia che proviamo dentro.

Cos’è la nostalgia?

La nostalgia si manifesta provando un mix di emozioni tra cui tristezza, rimpianto, ma paradossalmente anche felicità pensando a quello che si provava di buono in una certa situazione passata. Può riguardare persone che non vediamo o frequentiamo più, oppure fatti che accadevano. E detta anche dolore del ritorno, nel senso che ci fa provare dolore perché non riusciamo a ritornare al passato, non riusciamo a ritornare alle origini di quello che è stato per noi un periodo piacevole e felice

Non si può tornare indietro

Sembra una circolo chiuso, poiché ufficialmente non è possibile ritornare indietro nel passato e nemmeno provare quelle situazioni piacevoli di cui proviamo nostalgia. Siete tutti d’accordo?

Ebbene sì, non si può tornare indietro a meno che non si inventi la macchina del tempo, ma che io sappia, nonostante vari tentativi, nessuno c’è ancora riuscito.

E allora?

Come tornare alle origini

Quelli che cercano di tornare alle origini, hanno uno scopo ben preciso, ossia quello di ricreare oggi un ambiente sano in cui, come dicevamo all’inizio, semplificare certi passaggi che nel corso della nostra vita abbiamo complicato. Allora si cerca molto il contatto con la natura e le cose elementari, si cerca di ritrovare uno spirito antico che ci guidi.

Se facciamo un passetto ulteriore, ripensando ad esempio a quelle situazioni del passato di cui proviamo nostalgia, potremmo cogliere delle sfumature che forse ci sono sfuggite. Le domande da porsi pertanto sono:

Cosa realmente accadeva dentro di me quando vivevo quelle situazioni nostalgiche?

Mettevo forse in campo qualità o caratteristiche personali?

Quali?

Cosa mi impedisce di rimetterle in campo oggi?

Tornare alle origini, vuol dire proprio questo: riscoprire quelle particolarità che ci caratterizzano e che ci fanno star bene. Quelle che abbiamo nascosto dentro ad un cassetto ma che pensiamo di non avere più. Eppure fanno parte di noi ancora oggi!

Posted by admin in Autocoaching

IO NON SONO COME GLI ALTRI

DOVE STA’ LA DIFFERENZA

Pensate un attimo a questa espressione: “Io non sono come gli altri”, che ovviamente può essere interpretata in due modi diversi: passivo e attivo

IL MODO PASSIVO

La prima, forse la più comune, è quella tipica di un ragazzo che risponde ai genitori quando gli vengono fatti degli appunti tipo: “Vedi che i tuoi compagni di scuola studiano?”, oppure “Guarda i tuoi amici che stanno a sentire i genitori!”.
Certo la cosa può anche essere ribaltata figlio a padre tipo: “Guarda i miei compagni che fanno tardi la sera e a me tocca tornare presto” … e lì la risposta classica dei genitori:

“Non mi interessa, io non sono come gli altri”

In tutte queste situazione e molte altre, c’è una intenzione di non sentirsi come gli altri, di voler prendere un distacco e curare il proprio orticello come sempre si è fatto, rimanere un po’ statici nei propri pensieri e modi di fare.
C’è la voglia di difendersi poiché ci si sente attaccati.

IL MODO ATTIVO

L’altro rovescio della medaglia tuttavia denota un aspetto molto diverso, anche se la frase è sempre la stessa: “Io non sono come gli altri!”.
Parlo di quelle situazioni in cui c’è voglia di cambiare, cambiare le abitudini di vita, con decisione. Cambiare senza paura, diventare leader di se stessi.
Sono quelle situazioni in cui alla frase “Sei sicuro di quello che vuoi fare? Gli altri non ci sono mai riusciti!”
si risponde:
“Io non sono come gli altri!”.

IL PUNTO ESCLAMATIVO

Sì, con il punto esclamativo perché di fronte ad espressioni di persone che apparentemente vogliono il nostro bene, ci consigliano, si corre il rischio di essere smontati dalle proprie scelte!
Allora questa risposta riassume una intenzione ben diversa dalla prima senza punto esclamativo.
Denota la volontà della persona di percorrere una strada nuova, di mettersi in gioco, di voler provare a fare qualcosa che non è banale, di realizzare i propri sogni.
“Io non sono come gli altri!” e non “Io non sono come gli altri”: un semplice punto esclamativo fa nettamente la differenza.

Posted by admin in Autocoaching, Motivazione

DIPENDE DA CHE PUNTO GUARDI LE COSE

DIPENDE

Come dice la canzone degli Jarabe de Palo: Dipende, da che punto guardi il mondo, tutto dipende. Guardare le cose da più punti di vista può darci molte soddisfazioni, anche se a volte costa fatica provare ad allargare anche solo di un grado l’angolazione delle nostre vedute.

Una delle cose che ha sempre caratterizzato noi italiani, è il famoso made in Italy. Che non è solo un marchio legato alla moda, ma molto di più. Noi abitanti di questa bella penisola abbiamo particolarmente sviluppato nel nostro DNA, leggasi abilità acquisite nel corso della storia, la capacità di creare situazioni e cose particolarmente apprezzate in tutto il globo.

E allora ecco che in un recente passato, parlo degli anni 70-80, una bottega di un fabbro è diventata una azienda metalmeccanica multinazionale. Un semplice contadino ha creato un colosso nel campo dell’alimentazione. Senza poi andare a prendere in considerazione anche i famosi miracoli americani, tanto invidiati, vedi ad esempio Steve Jobs e Mark Zuckerberg.

E non possiamo trincerarci dietro la scusa che una volta era più facile…oggi è tutto più complicato.

E’ vero oggi tra tasse, permessi ed obblighi l’asticella della difficoltà è aumentata, ma allo stesso modo sono aumentate anche le nostre competenze e le nostre conoscenze.

Conoscete la storiella dell’Uovo di Colombo? Se non la conoscete andate a leggervela.

E’ proprio di questo che sto parlando, della semplicità con cui a volte potremmo risolvere problemi apparentemente complicati, basta pensarci. E per pensarci cosa bisogna fare? Allargare il nostro orizzonte e guardare le cose da diversi punti di vista… Dipende da che punto guardi il mondo….

Oggi c’è una diffusa preoccupazione per il futuro dei giovani, per quella che definiamo la grave situazione economica, per il lavoro, per l’ambiente, per la saluti, direi molto allarmismo! In tutto questo però non prendiamo in considerazione le capacità e le risorse che hanno dentro le persone. In particolare le nuove generazioni hanno già tutto quello che occorre per adattarsi e crearsi un futuro che nemmeno ci immaginiamo. Sicuramente sono più propensi ad avere una visione allargata ed a vedere le cose da più angolazioni.

Uomini e donne dai 20 in su, ricordate che i nostri avi hanno ricostruito molto dopo aver vissuto sulla loro pelle le due guerre mondiali. Sicuramente erano preoccupati per il futuro dei loro figli come noi oggi e forse di più, ma hanno contribuito in maniera fondamentale al benessere che abbiamo oggi.

Noi cosa abbiamo di meno di loro? Forse la vita troppo agiata degli ultimi decenni ci ha privati un po’ di quell’istinto di sopravvivenza. Trovare il frigo sempre pieno ci fa sentire sazi, come se fossimo diventati degli animali domestici che non vanno più in cerca della loro preda, ma quell’istinto è insito dentro di noi basta rispolverarlo un po’.

Ognuno dei nostri avi era un essere unico e speciale, proprio come lo siamo noi!

Posted by admin in Autocoaching

SCALARE LE MONTAGNE

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SCALARE LE MONTAGNE CON L’AUTOCOACHING

Scalare le montagne con l’Autocoaching va bene per tutti.

Francesco Petrarca il 26 aprile 1336 scalò il Monte Ventoso, allora una impervia impresa, tra ciotoli e rapide salite, insieme al fratello Gherardo. Due fratelli, due modi diversi di effettuare la salita. Il tutto descritto in maniera dettagliata per le difficoltà incontrate e le emozioni provate ne “Ascesa al Monte Ventoso

Salire in cima ad una vetta non è così scontato eppure miriadi di persone tra cui anche personaggi famosi e di spicco, hanno cercato e cercano continuamente questa impresa. Partire per scalare le montagne, ricercare il limite del possibile, richiede preparazione sì, ma anche coraggio e soprattutto rispetto per l’ambiente che ci ospita. In sostanza quando ci buttiamo in una scalata impegnativa o in un’altra impresa diventiamo coach di noi stessi. L’Autocoaching è un percorso semplice nei suoi fondamenti e molto spesso lo applichiamo senza neanche rendercene conto. Quanto creiamo motivazione stimolati dall’emozione dell’evento e lo organizziamo nei suoi dettagli ecco che stiamo facendo Autocoaching! E quando non ci riusciamo è perché non conosciamo bene la metodologia, ma quella può tranquillamente essere appresa mediante percorsi formativi o sessioni individuali.

Durante la scalata di una montagna, durante una impresa ardua, spesso siamo alla ricerca di qualcosa che pulsa dentro di noi: capire fin dove possiamo arrivare con le nostre forze non solo fisiche ma anche quelle mentali. Tutto bene quindi, fin quando poi non osiamo andare oltre, ossia quando non decidiamo di usare lo stesso approccio anche nella vita di tutti i giorni. Quando non scegliamo di portare avanti progetti personali con la stessa determinazione prima di tutto per rispetto a noi stessi.

S.Agostino nelle confessioni scrisse: “E gli uomini vanno ad ammirare le altezze dei monti e i vasti flutti del mare e gli ampi letti dei fiumi e l’immensità dell’oceano e il corso delle stelle, e trascurano se stessi…”

Tutto sommato a pensarci bene forse è più facile scalare una montagna impervia che decidere di affrontare la cima della nostra felicità. Le pareti in quest’ultimo caso sono lastricate di difficoltà, soprattutto emotive, che come esseri umani tendiamo ad evitare. Raggiungere la cima del monte più alto a piedi e con lo zaino ultra pesante è una cosa che siamo disposti dunque a fare per goderci un bellissimo panorama.

Provare a salire in cima alla montagnola delle nostre difficoltà per ammirare la meraviglia della nostra vita invece viene più spontaneo lasciare perdere.

Eppure ci lamentiamo che la nostra vita così com’è non ci piace….

Posted by admin in Autocoaching, Fitness